Copyright © 2000-2014 Daniele Ranocchia, all rights reserved
Questo è il sito personale ma non troppo... di
Daniele Ranocchia
Cronologia generale
Parte degli equipaggi della corazzata Dante Alighieri, dell'esploratore
Mirabello, e dei cacciatorpediniere Abba e Francesco Nullo, dislocate
a Fiume, si schierano con la colonna di D'Annunzio partita il giorno prima
da Ronchi per eseguire un colpo di mano teso a forzare la decisione del
Governo italiano sulla questione di Fiume. Il Governo, nell'intento di
ripristinare la situazione armistiziale, nomina il 13 settembre il generale
Badoglio Commissario straordinario per la Venezia Giulia ed invia, il 14, il
cacciatorpediniere Stocco con a bordo l'ammiraglio Casanuova,
comandante del Dipartimento di Venezia, che dovrà assumere il
comando delle unità e normalizzare la situazione. Giunto a bordo della
Dante Alighieri l'ammiraglio viene arrestato poco dopo per ordine del
D'Annunzio dal maggiore Reina. Il Governo a questo punto decide
l'interruzione delle comunicazioni marittime e terrestri con Fiume. Il 17
settembre il comandante della piazzaforte di Pola, ammiraglio Cusani-Visconti, intima a
D'Annunzio di rilasciare l'ammiraglio Casanuova e invita tutto il personale della Marina a tornare
nelle proprie sedi entro le ore 08.00 del 19 settembre. Data in cui giunge a Fiume, per schierarsi
con D'Annunzio, Luigi Rizzo, il più noto personaggio della Marina, M.O. per l'azione di Premuda.
Nominato comandante della "Flotta del Quarnaro", Luigi Rizzo eserciterà la sua influenza per
assicurare dal mare i rifornimenti necessari al movimento di D'Annunzio.
Viene intercettato e catturato all'altezza di Lussino da un MAS della “Flotta del Quarnaro” il
piroscafo Persia, di 13.000 tonnellate, avente a bordo un carico di armi e munizioni diretto a
Vladivostock per i russi “bianchi”.
Alle ore 08.30 il sommergibile F16 passa al traverso del posto di guardia a S. Nicoletto, Venezia,
intenzionato a raggiungere Fiume per unirsi alla “Flotta del Quarnaro” di D'Annunzio e Rizzo. Alle
08.45 la torpediniera di guardia 42PN, al comando del capitano di corvetta Mengotti, si mette in
moto per inseguire il sommergibile e costringerlo a rientrare in arsenale. La missione ha successo
ed alle 09.40 circa l'F16, accompagnato dalla 42PN, dirige sulla Pagoda di Lido. Al passaggio del
sommergibile a S. Nicoletto il Capo Squadriglia Sommergibili, capitano di corvetta Baccon, ed il
comandante del Comando Difesa Marittima di Venezia, capitano di vascello Rota, salgono a bordo
e dispongono l'isolamento dell'unità dopo averla fatta attraccare a Porta Nuova. Pressoché tutto
l'equipaggio fu arrestato con pesanti imputazioni e l'Avvocatura generale militare avviò il
procedimento giudiziario fissandone l'inizio per il 28 novembre successivo. Non era nell'interesse
della Marina esacerbare gli animi in quel particolare momento e gli imputati se la cavarono senza
gravi danni.
Partono da Fiume il cacciatorpediniere Francesco Nullo, con a bordo
D'Annunzio, i comandanti Rizzo e Castracane, i maggiori Reina e Giurati,
la torpediniera 61OL e la nave trasporto Cortellazzo con circa 1.000
legionari a bordo. La spedizione vuole assicurare che Zara rimanga
italiana dopo che si era diffusa la voce che nei giochi politici in corso
potesse essere tolta all'Italia. Il giorno 14 la spedizione giunge a Zara
dove il Governatore della Dalmazia, ammiraglio Millo, dopo una
opposizione solamente formale, avendo auspicato l'intervento, telegrafa
a Roma che, per evitare una crisi peggiore di quella di Fiume, non
consentirà a nessun soldato di lasciare la Dalmazia occupata. Raggiunto
lo scopo dimostrativo, D'Annunzio si imbarca di nuovo sul Francesco
Nullo e riparte per Fiume, salutato dal Millo stesso, lasciando a Zara
alcune centinaia di legionari. Il comportamento dell'ammiraglio Millo viene
riprovato aspramente dal Governo e dai vertici della Marina ma non
trovano di meglio che lasciarlo al proprio posto.
Il comandante Rizzo ed il maggiore Giurati sono a Roma per trattare le
condizioni e risolvere la questione di Fiume dopo che il generale Badoglio, su disposizioni del
governo, aveva avanzato una proposta che ponesse fine alla sedizione e riportasse Fiume alla
legalità. Alla fine delle trattative i due plenipotenziari ritengono soddisfacenti le condizioni proposte.
Infatti queste prevedevano la garanzia italiana di salvaguardia della città, dell'indipendenza e
dell'italianità. Inoltre era garantito il presidio da parte delle forze armate italiane. D'Annunzio e i più
intransigenti dei suoi rifiutano le proposte segnando l'inizio della propria fine. Il 20 dicembre
l'ammiraglio Millo annuncia a D'Annunzio che non consentirà più lo sbarco di legionari a Zara e
non sarà più solidale a qualunque iniziativa. Il 26 dicembre Rizzo si dimette da tutti gli incarichi e
lascia Fiume per Roma. Da questo momento cessano quasi del tutto le defezioni dei militari verso
Fiume mentre molti reparti tornano alla legalità.
L'ammiraglio Giovanni Sechi, ministro della Marina, invia a tutte le “eccellenze” della Regia Marina,
siano essi componenti o meno del Comitato degli Ammiragli, il promemoria “Criteri di massima
circa gli armamenti navali. Radiazione di R.R. Navi”. Nel promemoria il ministro esprime a chiare
note il parere di relegare le navi da battaglia in un ruolo secondario, privilegiando il naviglio leggero
e silurante.
Il Comitato degli Ammiragli della Regia Marina, presieduto da Paolo Thaon di Revel e composto
dai membri ordinari ammiragli Presbitero e Acton, dai membri straordinari generali del Genio
navale Faruffini e Carpi, dal maggior generale macchinista Tomadelli, dal maggiore del Genio
navale Rota e dal capitano di vascello Foschini, si riunisce e implicitamente sposa le idee del
ministro Giovanni Sechi esprimendo:
•
parere favorevole all'unanimità per la costruzione di tre esploratori tipo “Leone”;
•
parere contrario a maggioranza per la costruzione di una classe di esploratori oceanici,
motivando la decisione con il fatto che era stata ottenuta la cessione di tre unità similari ex
germaniche;
•
parere favorevole all'unanimità per la costruzione di nuovi cacciatorpediniere derivati dal tipo
“Palestro”.
Lo stesso Comitato espresse successivamente parere positivo a maggioranza per la costruzione di
nuovi sommergibili da crociera.
L'accordo di pace di Sèvres sanziona la cessione all'Italia delle dodici isole dell'Egeo. Di queste,
Rodi e Lero diventano due importanti basi navali.
Viene firmato tra italiani e jugoslavi il trattato di Rapallo che pone fine alla questione adriatica.
L'accordo stabilisce la costituzione della città libera di Fiume e l'assegnazione all'Italia di Zara e
delle isole Lagosta, Cherso e Lussino.
Il generale Enrico Caviglia, comandante delle truppe e commissario
straordinario della Venezia Giulia, pone l'ultimatum ai legionari italiani di
Gabriele D'Annunzio che, rifiutando i termini dell'accordo di Rapallo,
avevano occupato le isole di Arbe e Veglia, assegnate alla Jugoslavia. Il
riacuttizzarsi della tensione fece si che ripresero gli arrivi di volontari a
Fiume e le defezioni di unità navali. Infatti tra il 6 ed il 9 dicembre
aderirono alla rivolta gli equipaggi dei cacciatorpediniere Bronzetti e Espero e quello della
torpediniera 68PN. L'ultimatum di Caviglia imponeva lo sgombero di Arbe e Veglia, l'uscita da
Fiume delle navi regolari, la consegna delle navi defezionate, il disarmo e lo scioglimento dei
reparti fiumani. A seguito del rifiuto da parte della Reggenza italiana del Quarnaro delle condizioni
richieste il 21 dicembre viene dichiarato lo stato di guerra.
Si aprono i lavori della conferenza navale di Washington. La delegazione
italiana è guidata dal senatore Carlo Schanzer, già ministro degli Esteri,
mentre rappresentanti della Marina sono il vice ammiraglio Alfredo Acton,
ex capo di Stato Maggiore, il comandante Fabrizio Ruspoli e il capitano di
fregata del Genio Navale Alessandro Guidoni. Scopo principale della
conferenza internazionale promossa dal presidente americano Harding è
quello di porre fine alla corsa all'aumento degli armamenti navali
iniziatasi subito dopo la fine della Grande Guerra.
Per volere del ministro della Marina, ammiraglio Giovanni Sechi, il
Comitato degli Ammiragli della Regia Marina si riunisce presieduto
dall'ammiraglio Paolo Thaon di Revel. Deve esprimere un parere sulla eventuale costruzione di
una nave portaerei. Il Comitato, pur non escludendo l'utilità per la Marina di una tale nave,
suggerisce in ogni caso di ritardarne la costruzione fino a quando non saranno risolti alcuni aspetti
tecnici relativi, da un lato, al particolare tipo di nave e, dall'altro, agli aerei imbarcati.
Viene firmato il trattato di Washington per la limitazione
degli armamenti navali. Il trattato stabilisce in primo
luogo una “vacanza navale” fino al 1931, col divieto di
costruire navi da battaglia. Per Italia e Francia il divieto
finisce nel 1927. Al termine della “vacanza navale” il
trattato prevede, per le navi da battaglia, l'applicazione
del rapporto 5 : 5 : 3 : 1,67 : 1,67, riferito nell'ordine a
Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone, Francia, Italia.
Per le navi portaerei il rapporto da applicare è 5 : 5 : 3 :
2,2 : 2,2, riferito allo stesso ordine precedente. Di fatto
all'Italia viene riconosciuta la parità con la Francia.
Esplicitando il trattato, l'insieme di navi da battaglia per
Marina non dovrebbe superare le 525.000 tonnellate
per la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, le 315.000
tonnellate per il Giappone, e le 175.000 tonnellate per
Francia e Italia. Le quote di navi portaerei concesse
alle varie Marine sono di 135.000 tonnellate per Gran
Bretagna e Stati Uniti, di 81.000 tonnellate per
Giappone e 60.000 tonnellate per Francia e Italia. Il
trattato impone anche che le navi da battaglia non
devono superare le 35.000 tonnellate di dislocamento
standard e non devono imbarcare cannoni di calibro
superiore a 406 mm. Le navi portaerei non devono
superare le 27.000 tonnellate di dislocamento standard
e non devono imbarcare cannoni di calibro superiore a
203 mm. Gli incrociatori non devono avere un
dislocamento standard superiore alle 10.000 tonnellate
e non devono imbarcare cannoni di calibro superiore a
203 mm. L'unità di misura del dislocamento adottata
alla conferenza di Washington è la “tons” o tonnellata inglese, corrispondente a 1.016 kg.
Iniziano le riunioni, che termineranno il 13 ottobre, del Comitato degli Ammiragli della Regia Marina
italiana, dove viene approvato sia sul piano politico che tecnico il piano di rinnovamento della flotta.
Piano presentato dal Capo di Stato Maggiore ammiraglio De Lorenzo. Le riunioni avvengono ad
otto mesi di distanza dalla firma del Trattato di Washington. Il piano prevede, limitando le richieste
all'indispensabile, 3 incrociatori leggeri da 10000 tonnellate tipo Washington, da completare entro
il 1926; 10 cacciatorpediniere da 600 tonnellate, 4 dei quali da impostare subito ed i restanti entro il
1926; 10 sommergibili da 600 tonnellate da completare entro il 1926; una nave scuola a vela. Il
risultato operativo fu il programma 1923-24 che prevede la costruzione di due incrociatori tipo
Washington (i futuri Trento e Trieste), 6 cacciatorpediniere, 10 sommergibili ed una nave scuola
(la futura Cristoforo Colombo). Tra gli argomenti trattati nel corso delle riunioni figurano inoltre
l'aviazione di marina e la costruzione di navi portaerei. La contrapposizione delle idee e l'acceso
dibattito non portarono ad alcuna decisione ma prefiguravano già quello che sarebbe accaduto
all'aviazione navale italiana con l'avvento di Mussolini.
Nella tarda serata salpano da Taranto le navi da battaglia Conte di Cavour e Cesare, gli
incrociatori corazzati San Giorgio e San Marco, l'esploratore Premuda, i cacciatorpediniere
Cascino, Montanari, La Farina, Medici e Carini, le torpediniere 50OS e 53AS, i MAS 401,
404, 406, 408 ed i sommergibili Provana e Barbarigo. Scopo della missione è l'occupazione
dell'isola greca di Corfù, in ritorsione all'uccisione dei componenti della delegazione italiana nella
commissione internazionale presieduta dal generale italiano Tellini preposta alla definizione dei
confini greco-albanesi. La delegazione era stata attaccata il 27 agosto mentre era in viaggio sulla
strada Gianina - Santiquaranta da uomini armati di cui non si riuscì ad accertare la nazionalità.
Nell'assalto furono uccisi, oltre al generale Tellini, il maggiore medico Corti, il tenente Bonacini e
l'autista Farneti. La reazione del governo italiano, guidato da Mussolini, fu violenta ed immediata.
Vengono date alla Grecia 24 ore per porgere all'Italia scuse solenni e per attivare una inchiesta
che entro cinque giorni porti all'individuazione, cattura e condanna a morte dei responsabili
dell'eccidio. Tra le altre condizioni dell'ultimatum c'è la partecipazione di tutti i membri del governo
greco alla cerimonia funebre delle vittime, onori militari ai caduti, onori alla bandiera italiana da
parte della squadra ellenica ad una squadra italiana nel porto del Pireo, una indennità di cinquanta
milioni di lire. Il corpo di spedizione previsto dal Comandante in Capo dell'Armata navale,
ammiraglio Emilio Solari, che deve sbarcare a nord e a sud dell'isola, è composto dalle forze da
sbarco delle navi stesse, dal 48° Reggimento Fanteria Ferrara con una batteria di 8 cannoni da 75
mm e 5000 uomini di una brigata di fanteria con servizi. Il 31 agosto le navi italiane sono davanti a
Corfù. Il capitano di vascello Foschini, capo di Stato Maggiore dell'ammiraglio Solari, pone le
condizioni di resa al governatore dell'isola: ammainare la bandiera greca, alzare quella italiana,
resa e disarmo delle truppe e della gendarmeria, sospensione immediata di ogni comunicazione,
controllo italiano su ogni attività. Alle ore 16.00 del 31 agosto le navi italiane aprono il fuoco contro
la Fortezza Vecchia e la fortezza Nuova dove, anziché soldati, vi erano alloggiati dei profughi. La
breve azione, terminata alle 16.15, provoca una decina di morti e numerosi feriti, che inducono le
autorità greche ad accettare la resa. Dopo qualche giorno, completata l'occupazione dell'isola, il
grosso delle forze navali rientra a Taranto. Sul posto restano un incrociatore corazzato, 5
cacciatorpediniere, alcuni sommergibili e i MAS, tutti agli ordini del contrammiraglio Belleni. Il 2
settembre 1923 l'ammiraglio Diego Simonetti assume la carica di Governatore dell'isola di Corfù.
Contemporaneamente alle navi destinate all'occupazione dell'isola di Corfù salpano da Taranto per
la base di Porto Laki a Lero le corazzate Doria e Duilio, l'esploratore Riboty, i cacciatorpediniere
Papa, Prestinari, Cantore, Chinotto, La Masa, Sirtori, un dragamine e due navi ausiliarie. A
queste unità, insieme a quelle già dislocate nell'Egeo, viene dato il compito di proteggere le isole
italiane del Dodecanneso da eventuali atti di forza dei greci.
Nella baia di Falero gli incrociatori Averoff e Kilkis, insieme a 4 cacciatorpediniere, rendono gli
onori alla bandiera italiana alla presenza della divisione navale composta dalle corazzate Conte di
Cavour e Cesare e da 6 cacciatorpediniere. Partecipano alla cerimonia quali testimoni
l'incrociatore Comus per la Gran Bretagna e l'incrociatore Mulhouse per la Francia. La cerimonia
costituisce l'atto di riparazione da parte del governo greco per l'eccidio della delegazione militare
italiana del 27 agosto precedente. Le forti pressioni internazionali, l'intervento della Società delle
Nazioni, la possibile coalizione tra Grecia e Jugoslavia, la posizione assunta dalla Gran Bretagna a
favore di questi e la consistenza delle forze britanniche in Mediterraneo inducono il governo
italiano a trovare il compromesso con i greci e a sgomberare l'isola di Corfù. L'operazione avverrà
tra il 24 ed il 29 settembre 1923.
Il grandammiraglio Raeder assume il comando supremo della
Kriegsmarine. Sarà l'artefice della ricostruzione della flotta tedesca.
Viene attivato dal Servizio Fari della Regia Marina il Faro di Punta Vagno,
posto a levante della bocca est del porto di Genova. Totalmente distrutto
durante la seconda guerra mondiale viene ricostruito nell'immediato
dopoguerra e riprende a funzionare regolarmente nell'aprile 1948. La
torre, alta 8.7 m, è realizzata in muratura dipinta di bianco. L'ottica è
fissa, il suo piano focale è ubicato all'altezza di 26 metri sul livello del
mare. La portata luminosa d'atterraggio è di 15.3 miglia.
Affonda per naufragio il cacciatorpediniere della Marina cinese Yu
Chang.
Viene firmato a Londra l'accordo navale tra inglesi e tedeschi che autorizza la ricostruzione della
Kriegsmarine. I tedeschi sono autorizzati a costruire:
•
Corazzate: 184000 t;
•
Incrociatori pesanti: 51000 t;
•
Incrociatori leggeri: 67000 t;
•
Portaerei: 47000 t;
•
Cacciatorpediniere: 52000 t;
•
Sommergibili: 24000 t.
La Francia, tenuta fuori dal negoziato e messa davanti al fatto compiuto, non gradisce l'accordo.
Marines americani occupano due isole dell'arcipelago britannico delle
Caroline, Canton e Enderbury. L'occupazione viene effettuata a tutela
degli interessi della comagnia aerea Pan American Airways che le
reclama per farne una base di grandi idrovolanti Boeing B-314 Clipper.
Scoppia il conflitto cino-giapponese.
A Tsingtan l'equipaggio affonda il cacciatorpediniere Tung An.
Affonda per bombardamento aereo il cacciatorpediniere della Marina cinese Chieng Kang. Sarà
successivamente recuperato ed incorporato nella Marina giapponese con il nome Yamasemi.
L'Ufficio Piani della Regia Marina italiana elabora lo studio D.G. 10/A2 in cui si perviene alla
conclusione che, verificandosi l'ipotesi bellica “Alfa 3”, il problema dei traffici con la Libia si sarebbe
potuto risolvere soltanto con l'occupazione di Malta. L'ipotesi “Alfa 3” era quella che prevedeva un
conflitto fra Italia e Germania alleate ed una coalizione composta da Gran Bretagna, Francia,
Turchia, Grecia, Egitto e URSS. Ipotesi che, con l'esclusione della Turchia, puntualmente si
verificò, sia pure con interventi successivi dei vari paesi.
Dislocamento standard
Il dislocamento standard viene
introdotto per la prima volta alla
Conferenza di Washington come
unità di comparazione e di calcolo.
Convenzionalmente dicesi
dislocamento standard il
dislocamento della nave ultimata,
con equipaggio al completo, pronta
a muovere completa di tutte le
dotazioni, senza combustibile ed
acqua di riserva per l’alimentazione
delle caldaie.