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Daniele Ranocchia
Cronologia generale
Salpa dall'Italia il primo vero convoglio diretto a Tripoli, organizzato per portare uomini e mezzi
all'Esercito italiano in Africa settentrionale. Compongono il convoglio il piroscafo Esperia e la
motonave Victoria. Il convoglio arriva regolarmente a Tripoli sbarcando 437 uomini e 2.775
tonnellate di materiali. Ben al di sotto delle possibilità di carico delle due unità.
La squadriglia italiana composta dai cacciatorpediniere Espero, Ostro e
Zeffiro, diretta a Tobruk con due batterie contraeree e relativo personale,
si scontra con gli incrociatori britannici Sidney, Neptune, Gloucester,
Orion e Liverpool. L'unità caposquadriglia si dispone subito a copertura
dell'Ostro e dello Zeffiro, che riescono ad allontanarsi in direzione di
Bengasi. L'Espero, di 1.715 tonnellate, al comando del capitano di
vascello Enrico Baroni, viene ripetutamente colpito dal tiro nemico. Dopo
quasi due ore di resistenza l'unità, ormai immobilizzata e con falle
nell'opera viva, affonda di prua alle ore 20.15 in posizione 35°18' N -
20°12' E, dopo che l'equipaggio ne ha affrettato la fine allagando i
depositi. Il comandante Baroni, rifiutando ogni invito a porsi in salvo,
scomparve con la sua nave.
Il sommergibile italiano Uebi Scebeli viene catturato dagli inglesi. Questi trovano a bordo due
codici navali, uno dei quali nuovissimo e destinato ad entrare in vigore dal successivo 1° luglio.
Il cacciatorpediniere Zeffiro, di 1.715 tonnellate, viene colpito, alle ore 20.35, da un siluro a
proravia della plancia mentre si trova nella rada di Tobruk, nel corso di un attacco britannico
condotto con aerosiluranti, iniziato alle ore 20.20. Il colpo provoca l'esplosione della santabarbara
e la conseguente asportazione della prua. L'affondamento è immediato.
Il cacciatorpediniere Pancaldo, di 2.605 tonnellate, viene colpito alle ore 21.39 da un siluro nel
compartimento caldaie di dritta a prora. L'unità si trova ormeggiata ad una boa nella rada di
Augusta quando aerosiluranti britannici attaccano alle ore 21.25. A seguito del colpo ricevuto il
Pancaldo, invaso dall'acqua, affonda sbandato. Rientrerà in servizio, dopo essere stato
recuperato, il 26 luglio 1941.
Mentre dirige da Tripoli a Lero, la IIa Divisione incrociatori, costituita dal
Bande Nere e Bartolomeo Colleoni, si scontra all'alba con la
formazione inglese formata dall'incrociatore Sidney e dai
cacciatorpediniere Hyperion, Ilex, Hero, Hasty e Havoch. Nel corso
del combattimento il Colleoni, di 6.954 tonnellate, viene colpito ed
immobilizzato. Alle ore 09.00 affonda a circa 6.4 miglia da Capo Spada
(Creta) finito dai siluri dei cacciatorpediniere Hyperion e Ilex.
I cacciatorpediniere italiani Ostro e Nembo, entrambi di 1.715 tonnellate, affondano nella rada di
Tobruk durante un attacco aereo britannico iniziato alle 20.00 del 19 ed intensificatosi alle 01.30
del 20. L'Ostro affonda alle 01.44 dopo solo dieci minuti da quando viene colpito da un siluro in
corrispondenza del deposito munizioni di poppa. Il Nembo affonda alle 01.45 dopo essere stato
colpito da un siluro fra le caldaie 2 e 3 sulla dritta.
Alle 20.15 i cacciatorpediniere Turbine e Aquilone lasciano il porto di Bengasi diretti a Tripoli. Alle
20.45 due mine scoppiano al centro e a poppa dell'Aquilone, di 1.715 tonnellate. Gli scoppi
provocano l'immediato sbandamento e affondamento dell'unità. L'Aquilone si trova posato su un
fondale di 13.15 m in posizione 32°06'28" N e 20°01'30" E. Le mine erano state probabilmente
lanciate in mare nel corso della notte durante un attacco aereo. L'attacco ha comportato anche la
perdita del cacciatorpediniere Borea, di 1.715 tonnellate. Questo alle ore 01.00 subisce lo scoppio
di una bomba al disotto della chiglia mentre si trova ormeggiato alla banchina del porto di Bengasi.
L'affondamento avviene in breve tempo.
Il cacciatorpediniere Artigliere, di 2.460 tonnellate, esegue una operazione di ricerca notturna a
seguito della segnalazione di una forza navale nemica in navigazione nel canale di Malta. La
ricerca è affidata ad una squadriglia di cacciatorpediniere ed alle torpediniere Ariel e Airone.
Individuata la forza navale nemica, l'Artigliere passa all'attacco di una unità. Colpito dal fuoco
avversario rimane immobilizzato e con incendio a bordo. In suo soccorso accorre all'alba il
cacciatorpediniere Camicia Nera, che lo prende a rimorchio. Purtroppo si profilano all'orizzonte tre
incrociatori e tre caccia britannici. Alle 08.00 il Camicia Nera è costretto ad abbandonare al suo
destino l'Artigliere. Viene di nuovo cannoneggiato e, per i danni subiti, affonda alle ore 09.05 in
posizione 36°30' N - 16°07' E.
Il cacciatorpediniere italiano Francesco Nullo, di 1.580 tonnellate,
affonda alle 06.35 nel passaggio di NE dell'isola di Harmil, nel Mar
Rosso, colpito dal fuoco del cacciatorpediniere britannico Kimberley,
che lo immobilizza e gli procura delle falle nell'opera viva. Nel corso della
notte aveva condotto un attacco contro il convoglio nemico BN-7 nel
centro del Mar Rosso e, nella fase di disimpegno, era stato inseguito da
unità britanniche.
La nave da battaglia italiana Conte di Cavour, di 29.100 tonnellate,
viene colpita da un siluro sul fianco sinistro nel corso di un attacco
notturno da parte di aerei siluranti inglesi. L'unità, che si trova all'ancora
nel Mar Grande a Taranto, viene portata ad incagliarsi sulla spiaggia,
dove affonda di poppa. Successivamente viene recuperata ed inviata ai
lavori a Trieste.
Nel pomeriggio, mentre si trovano a levante delle Kerkennah, i piroscafi italiani Norge, di 6.511
tonnellate di stazza lorda, e Peuceta, di 1.926 tonnellate di stazza lorda, vengono attaccati ed
affondati da aerosiluranti britannici.
Dopo avere provveduto alla difesa del fronte a mare e contraerea della
piazzaforte di Tobruk, nel corso dell'assedio da parte di forze inglesi,
l'incrociatore corazzato italiano San Giorgio, di 11.300 tonnellate, viene
fatto saltare ed autoaffondato nella rada da una parte dell'equipaggio alle
ore 04.15.
Mentre si trova in servizio di scorta ravvicinata ad un convoglio diretto a
Tripoli e partito da Palermo il 24 febbraio insieme all'incrociatore Bande
Nere ed ai cacciatorpediniere Ascari e Corazziere, l'incrociatore
leggero italiano Armando Diaz, di 7.194 tonnellate, viene colpito da
siluri lanciati dal sommergibile inglese Upright. Con l'opera viva
squarciata ed a causa dell'incendio provocato dallo scoppio della
santabarbara, il Diaz affonda in sei minuti, alle ore 03.49, in posizione
34°33' N - 11°45' E a levante delle isole Kerkenah, al largo delle coste
tunisine.
Gli incrociatori italiani della I Divisione, costituita dal Fiume, Zara e Pola,
si scontrano con le navi da battaglia britanniche Valiant, Barham e
Warspite a sud di Capo Matapan mentre rientrano da una incursione a
sud di Creta condotta insieme alla corazzata Vittorio Veneto, alla III
Divisione e a numerosi cacciatorpediniere. A seguito dell'attacco portato
con il siluro da un aereo nemico il Pola viene colpito ed immobilizzato,
rimanendo isolato. Nell'intento di portare soccorso al Pola, il Fiume e lo
Zara invertono la rotta insieme a quattro cacciatorpediniere. Centrato
subito dal tiro delle navi da battaglia britanniche il Fiume subisce alcune
salve da 381 che provocano gravi avarie ed una grande falla nell'opera
viva. In 25 minuti, alle ore 23.15, il Fiume affonda di poppa abbattendosi
sulla sinistra in posizione 35°21'N - 20°57' E. Sorte analoga subisce lo
Zara che, colpito anch'esso subito dal tiro nemico, riporta incendi ed
avarie tali da immobilizzarlo. Nonostante gli sforzi dell'equipaggio,
protrattisi per circa tre ore, la nave è perduta. Lo Zara affonda, ad opera
dell'equipaggio, alle ore 02.30 del 29 marzo in posizione 35°21' N -
20°57' E. Il Pola, primo incrociatore colpito, visto vano il tentativo di
soccorso da parte delle unità della sua Divisione, nell'impossibilità di
manovrare, viene abbandonato dall'equipaggio quando è in procinto di affondare. Lo finiscono i
siluri lanciati dai cacciatorpediniere della 14a Squadriglia britannica. Scompare alle ore 03.00 del
29 marzo in posizione 35°15' N - 21° E. Nello stesso scontro affondano anche i cacciatorpediniere
Alfieri e Carducci, a seguito dei numerosi colpi messi a segno dalle unità britanniche. L'Alfieri
affonda alle ore 23.30 mentre il Carducci alle ore 23.45.
Il cacciatorpediniere Tarigo affonda, per scontro con il nemico, nel punto
500 metri a sud della boa n. 3 delle secche di Kerkenah mentre era
impegnato nella scorta di cinque piroscafi da Napoli a Tripoli insieme al
Lampo ed al Baleno. Alle 02.10 il convoglio italiano viene scoperto col
radar dai cacciatorpediniere Jervis, Nubian, Mohawk e Janus. Il
convoglio viene sottoposto ad un nutrito fuoco mentre il Tarigo,
gettandosi nella mischia, riesce ad affondare con il siluro il Mohawk. Per
i gravi danni subiti nello scontro il Tarigo affonda alle ore 03.00. Alle ore
05.00 viene perso anche il cacciatorpediniere Lampo a 6,5 miglia per
228° dalla boa n. 3 di Kerkenah. Gettatosi anch'esso nella mischia viene
colpito nelle caldaie ed incendiato. L'equipaggio riesce a portarlo su
bassi fondali e, con i depositi munizioni allagati, fatto posare sul fondo. Verrà recuperato l'8 agosto
1941 per riprendere servizio, ma sarà definitivamente affondato il 30 aprile 1943. Stessa sorte
subisce il cacciatorpediniere Baleno, che viene colpito in pieno dalla prima salva sparata dal
nemico. Per effetto dei colpi ricevuti il Baleno rimane immobilizzato con le armi inutilizzate,
incendio a bordo ed un solo ufficiale superstite, il direttore di macchina Capitano del Genio Navale
Edoardo Repetto di Borgonovo. Dopo avere scarrocciato sulle secche di Kerkenah (golfo di
Gabes) il Baleno affonda capovolgendosi al tramonto del giorno 17 a 3 miglia per 240° dalla boa
n. 4 delle secche.
Alle prime luci del mattino un convoglio italiano partito da Taranto e
diretto a Tripoli, costituito dalle motonavi Vulcania, Oceania e
Neptunia, viene attaccato dai sommergibili britannici Unbeaten,
Upholder, Upright e Ursula, aventi base a Malta e allertati da un
ricognitore che alle ore 08.00 del 17 avvista il convoglio su una rotta a
levante di Malta, fuori dal raggio d'azione degli aerosiluranti di base nell'isola. Nel corso
dell'attacco l'Upholder affonda, con azioni reiterate, le motonavi Oceania e Neptunia. La
Vulcania riesce a raggiungere indenne Tripoli dopo avere sventato un attacco del sommergibile
Ursula. Il convoglio era scortato dai cacciatorpediniere Da Recco, Da Noli, Pessagno,
Usodimare e Gioberti.
Viene stabilmente dislocata a Malta la “Forza K”, composta dagli
incrociatori leggeri Aurora e Penelope, armati con 6 cannoni da 152
mm, e dai cacciatorpediniere Lance e Lively, dotati ciascuno di 6
cannoni da 120 mm.
Il piroscafo da carico Achille viene attaccato alle ore 11.00 con bombe da aerei avversari ed alle
11.30 affonda a nord-est di Trapani, coordinate 38°26’ N- 11°24’ E, mentre è in navigazione da
Tunisi a Palermo. L’Achille, di 2.416 tonnellate di stazza lorda era stato costruito nel 1890 ed
apparteneva all’armatore Matteo Scuderi di Catania. Era iscritto al Compartimento Marittimo di
Catania con la matricola n. 77. Non era stato requisito dalla Marina Militare e quindi non iscritto nel
ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
Nella notte tra l'8 e il 9 il convoglio Duisburg, composto da sette navi
mercantili, viene affondato dalle unità della “Forza K”, uscita da Malta su
segnalazione di un ricognitore. Ad evitare il disastro non basta la
presenza della scorta diretta costituita da 6 caccia, né la scorta a
distanza costituita da due incrociatori pesanti e 4 caccia. Bilancio
dell'attacco fu la perdita dei 7 piroscafi del convoglio, di due caccia colati
a picco ed altri due gravemente danneggiati. Il convoglio era costituito dai
piroscafi tedeschi Duisburg, di 7.389 tonnellate, e San Marco, di 3.113
tonnellate, dalle motonavi italiane Maria, di 6.339 tonnellate, e Rina
Corrado, di 5.180 tonnellate, dal piroscafo Sagitta, di 5.153 tonnellate, e
dalle petroliere Minatitlan, di 7.599 tonnellate, e Conte di Misurata, di 5.014 tonnellate. Il carico
che esse trasportavano comprendeva 13.290 tonnellate di materiale vario, 1.579 tonnellate di
munizioni, 17.281 tonnellate di combustibile, 389 veicoli, 145 soldati italiani e 78 tedeschi. Il
convoglio, denominato ufficialmente “Beta”, aveva come scorta diretta i cacciatorpediniere
Maestrale, al comando del capitano di vascello Ugo Bisciani, Fulmine, Euro, Grecale, Libeccio
e Oriani. La scorta a distanza era costituita dagli incrociatori pesanti Trieste, a bordo del quale
c'era il contrammiraglio Bruno Brivonesi, e Trento, e dai cacciatorpediniere Granatiere,
Fuciliere, Bersagliere ed Alpino. Tra le conseguenze del disastro ci fu la rimozione dal comando
del comandante Ugo Bisciani e dell'ammiraglio Bruno Brivonesi.
Gli incrociatori italiani della IV Divisione, Alberico da Barbiano e
Alberto di Giussano, partiti la sera del 12 dicembre da Palermo
insieme alla torpediniera Cigno con un carico di benzina, munizioni e
viveri da portare a Tripoli, vengono avvistati da un aereo inglese quando
si trovano nelle acque di Capo Bon, al largo delle coste tunisine. Ormai
scoperte, le navi italiane decidono di invertire la rotta. Nel corso della
manovra entrano in contatto con i cacciatorpediniere inglesi Legion,
Maori e Sikh e quello olandese Isaäc Sweers. Questi, molto vicini alle
unità italiane, attaccano con il siluro. Il da Barbiano viene raggiunto da
tre siluri che ne provocano l'affondamento immediato. Scompare capovolgendosi alle ore 03.25 a
1.5 miglia a levante del faro di Capo Bon. Il da Giussano, appena aperto il fuoco, viene raggiunto
da un siluro al centro, che provoca l'inutilizzazione delle due macchine e di due caldaie. Dopo circa
un'ora, in preda agli incendi, l'incrociatore si spezza in due ed affonda alle ore 04.22 a 2.5 miglia a
levante di Capo Bon.
Nella notte tra il 18 ed il 19 la “Forza K” britannica, di base a Malta, incappa su un banco di mine
mentre dà la caccia ad un convoglio diretto a Tripoli. La “Forza K” cessa di esistere. Non verrà più
ricostituita.
Il piroscafo da carico Absirtea viene silurato ed affondato alle ore 10.46 a 6 miglia per 320° da
capo Dukato, isola di Santa Maura, nello Ionio, da un sommergibile nemico mentre si trova in
navigazione da Brindisi a Patrasso. L’Absirtea, di 4.170 tonnellate di stazza lorda era stato
costruito nel 1913 ed apparteneva alla G.L. Premuda Soc. An. Di Navigazione a Vapore di Trieste
al cui Compartimento Marittimo era iscritto con la matricola n. 83. Era stato requisito dalla Marina
Militare a Livorno il 13 novembre 1940 e non iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
Venne derequisito dalla Marina Militare a Bari il 12 dicembre 1941 e contemporaneamente
requisito dal Ministero delle Comunicazioni.
L'incrociatore italiano Giovanni Delle Bande Nere, di 6.954 tonnellate,
salpa al mattino da Messina per La Spezia, dove deve effettuare alcuni
lavori di riparazione. E' scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla
torpediniera Libra. Quanto il gruppo si trova a 11 miglia per 144° dall'isola di Stromboli, il Dalle
Bande Nere viene colpito da due siluri lanciati dal sommergibile britannico Urge. Subito
l'incrociatore si spezza in due ed affonda.
Il cacciatorpediniere Emanuele Pessagno, di 2.605 tonnellate, viene fatto segno ai lanci del
sommergibile britannico Turbulent mentre è intento alla scorta di una motonave partita il 27 da
Brindisi e diretta a Bengasi, unitamente ad altri piroscafi di un convoglio partito da Taranto a cui si
erano uniti. L'Emanuele Pessagno, colpito da due siluri a prua e al centro, affonda in un minuto
alle ore 03.15 a circa 85 miglia per 332° da Bengasi.
Il cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare, di 2.605 tonnellate, dopo essere partito da Napoli
alle 02.00 di scorta alla motonave Pisani, diretta a Tripoli ed essersi unita nel canale di Sicilia ad
un altro convoglio, viene colpito alle ore 21.20 da uno dei due siluri lanciati contro la formazione da
un sommergibile. L'Antoniotto Usodimare si spezza in due ed affonda rapidamente, alle 21.25, a
72 miglia a Nord di Capo Bon. Il sommergibile attaccante risulterà essere italiano, l'Alagi, che per
una serie fortuita di circostanze, non era a conoscenza del passaggio del convoglio italiano.
Alle 05.00 del mattino aerosiluranti britannici attaccano il gruppo di
incrociatori italiani costituito dal Trento, Gorizia, Garibaldi e Duca
d'Aosta. Questi, scortati da una squadriglia di cacciatorpediniere, erano
salpati da Taranto il giorno prima con l'intento di dirigere verso Creta per
intercettare, insieme alle unità della IX Divisione da battaglia, forze navali
nemiche poste a protezione di un convoglio diretto a Malta. A seguito
dell'attacco, il Trento viene colpito a prora, sulla dritta da un siluro che
provoca un forte incendio nel locale caldaie. Mentre i cacciatorpediniere Camicia Nera e Saetta
provvedono alla protezione intorno alla nave ferma, l'equipaggio compie ogni sforzo per rimettere
in moto la nave e domare l'incendio. Alle 09.10 il Trento viene raggiunto da un siluro nella
santabarbara di prora, che salta in aria. Il siluro è stato lanciato, non visto, dal sommergibile
inglese Umbra. Dopo lo scoppio il Trento, in pochi minuti, si apprua sbandando e, con la poppa in
aria, affonda alle 09.15 in posizione 36°10' N - 18°40' E.
Il cacciatorpediniere Strale, di 1.890 tonnellate, a causa del mare grosso si incaglia alle ore 01.00
mentre naviga in prossimità della costa di Ras El Ahmar (Capo Bon). I danni provocati dall'incaglio
e le avarie successive provocate dal mare ne resero impossibile il recupero. Lo Strale fu
ufficialmente dichiarato perduto il 5 agosto 1942. Era partito da Napoli insieme al
cacciatorpediniere Da Recco e la torpediniera Centauro per effettuare la scorta ad un convoglio
diretto in Libia.
Il sommergibile britannico Proteus, partito da Haifa, affonda nell'Egeo la
motonave tedesca Wachtfels mentre è in viaggio di trasferimento,
scarica ed isolata, da Suda al Pireo.
Giunge a Tobruk la cisterna Proserpina con un carico di 5.000 tonnellate
di benzina. Sarà l'ultimo arrivo di carburante in quel porto per le forze
dell'Asse. L'unità aveva una portata di circa 10.000 tonnellate ma la
penuria di combustibile in Italia non permise che la cisterna partisse con
un carico pari al massimo della sua capacità. La limitata capacità industriale del paese e le
difficoltà nelle comunicazioni ferroviarie avevano impedito molte volte che nei porti di imbarco
arrivassero materiali, munizioni, armi, carri armati, automezzi e combustibili nella misura
necessaria a riempire le stive e le cisterne dei mercantili in attesa. Per cui furono molte le volte che
i trasporti viaggiavano a carico ridotto. Un esempio di ciò è rappresentato dal Gualdi, facente
parte dello stesso convoglio del Proserpina, che, sebbene avesse una portata di 6.000 tonnellate,
aveva a bordo 1.300 tonnellate di materiali, benzina ed 11 automezzi. Come casi limite possono
essere citati quelli dell'Ogaden e del Santa Fè. Il primo, avente una portata di circa 7.000
tonnellate, fu caricato con sole 1.000 tonnellate. Il secondo, anch'esso di circa 7.000 tonnellate di
portata, imbarcò soltanto 60 automezzi e 500 tonnellate di materiali.
Il cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano, di 2.605 tonnellate, partito da Napoli il 17 ottobre
con altri cinque cacciatorpediniere e tre torpediniere per scortare a Tripoli un convoglio di quattro
piroscafi, affonda alle ore 14.50 circa pel punto 35°32'N - 12°02'E (a Sud di Pantelleria) a seguito
di un siluro lanciato dal sommergibile britannico P37 Unbending, che asporta la poppa. Gli sforzi
per salvare il Giovanni Da Verrazzano hanno il solo risultato di ritardare l'affondamento. Il
convoglio era stato attaccato alle ore 13.00 da sommergibili nemici e il Giovanni Da Verrazzano,
nel corso dell'attacco, era riuscito, manovrando, ad evitare già un siluro.
Nella notte un convoglio partito da Palermo il 1°, costituito da 4 piroscafi
diretti a Biserta, scortato dai cacciatorpediniere Folgore, Nicoloso Da
Recco e Camicia Nera e due torpediniere, viene attaccato da una
formazione britannica composta dagli incrociatori e cacciatorpediniere
Aurora, Argonaut, Sirius, Quentin e Quiberon. Il Folgore, di 1.920
tonnellate, mentre si porta all'attacco e lancia due salve di siluro, viene
investito sui due lati dal tiro nemico che provoca l'incendio e
l'affondamento alle ore 01.16 nel punto 37°43'N - 11°16'E (canale di Sicilia) mentre tenta di
disimpegnarsi.
Napoli viene attaccata dal cielo alle 16.50. L'incrociatore Muzio
Attendolo, di 8.990 tonnellate, ormeggiato nel porto, viene colpito da
bombe che aprono vie d'acqua nello scafo. Dopo circa cinque ore di
sforzi per salvarlo, ormai sbandato. si capovolge alle 22.10.
Il cacciatorpediniere Aviere, di 2.460
tonnellate, viene improvvisamente colpito da
due siluri lanciati dal sommergibile britannico P.228 Splendid
affondando immediatamente alle ore 11.15 nel punto 38°00'N - 10°05'E, a
nord di Biserta. L'Aviere era partito il 16 dicembre da Napoli insieme al cacciatorpediniere
Camicia Nera, di scorta alla motonave tedesca Ankara, diretta a Biserta.
Il cacciatorpediniere Bersagliere, di 2.460 tonnellate, viene colpito alle
ore 16.30 da due bombe nel corso di un attacco aereo iniziato alle ore
16.25 mentre è ormeggiato al molo sud del porto di Palermo. I danni
provocati ne determinano subito uno sbandamento sulla dritta e
l'affondamento sul fianco poco dopo. Il relitto risulterà completamente
immerso.
Il cacciatorpediniere Corsaro, di 2.460 tonnellate, partito da Napoli
insieme al cacciatorpediniere Maestrale per la scorta alla motonave
Ines Corrado, diretta a Biserta, subisce una prima esplosione mentre si
reca in soccorso del Maestrale immobilizzato dallo scoppio di una mina
a circa 40 miglia dal porto di arrivo. L'esplosione rende incapace l'unità di
governare e, subito dopo, una seconda esplosione spezza in due il Corsaro, che rapidamente si
inabissa alle ore 20.16 nel punto a 38 miglia per 64° da Biserta.
Il cacciatorpediniere Bombardiere, di 2.460 tonnellate, viene colpito
sotto la plancia poco dopo il tramonto da un siluro lanciato dal
sommergibile inglese United. L'esplosione provoca lo scoppio di una
caldaia, la caduta in mare della plancia e la rottura in chiglia dell'unità. La
parte poppiera affonda alle ore 17.25 circa nel punto 38°15'N - 11°43'E,
circa 24 miglia per NO dell'isola di Marettimo. La parte prodiera affonda pochi minuti dopo. Il
Bombardiere era partito da Biserta insieme al cacciatorpediniere Legionario per scortare a
Palermo la motonave Rosselli.
Il cacciatorpediniere Saetta, di 1.890 tonnellate, urta alle 09.50 una mina
che, con una violenta esplosione al centro, spezza l'unità in due tronconi
che affondano in meno di un minuto nel punto 37°35'N - 10°37'E, circa 27
miglia per 60° dall'isola dei Cani. Il Saetta era partito da Biserta in
formazione con le torpediniere Sirio, Monsone, Clio e Uragano per
scortare a Napoli la cisterna Thorsheimer. Poco prima del Saetta anche
l'Uragano aveva urtato una mina nemica.
Il cacciatorpediniere Geniere, di 2.460 tonnellate, nel corso di una
incursione aerea nemica iniziata alle ore 13.30, viene colpito alle ore
14.30 da cinque bombe, lanciate nel corso di una prima ondata di aerei,
mentre si trova a secco nel bacino di carenaggio di Palermo insieme con
altre unità minori. Le esplosioni provocano la demolizione della porta del
bacino e numerose falle nell'opera viva del caccia. L'entrata repentina
dell'acqua trascina l'unità fuori dal bacino mentre si allaga e sbanda. Il
Geniere affonda dopo circa un'ora. Verrà recuperato dopo l'armistizio e rimorchiato a Taranto
nell'aprile 1944.
Il cacciatorpediniere Malocello, di 2.605 tonnellate, alle 07.30 urta una
mina nemica che scoppia a centro nave. L'unità, spezzata in due, affonda
assistita dal cacciatorpediniere Ascari, alle ore 08.45 a 28 miglia a nord
di Capo Bon. L'Ascari, nel dare assistenza al Malocello, urta anch'esso
alcune mine che, scoppiando, asportano prima la prora e poi la poppa.
L'unità affonda alle ore 13.20 nello stesso punto del Malocello. Il
Malocello era salpato da Pozzuoli la sera del 23 insieme al Camicia Nera ed al Pancaldo per
trasportare a Tunisi reparti di soldati tedeschi. L'Ascari era salpato da Palermo nella notte del 24
con la stessa missione dei precedenti e si era unito ad essi al mattino del 24.
Il porto di Palau, a La Maddalena, viene sottoposto ad attacco aereo
nemico a partire dalle 14.35. L'incrociatore Trieste, ormeggiato nel porto,
viene colpito da bombe che provocano vie d'acqua nello scafo. Dopo due
ore di tentativi per salvarlo, alle ore 16.13, si rovescia sulla dritta.
Il cacciatorpediniere Alpino, di 2.460
tonnellate, viene colpito poco dopo la 01.00,
nel corso di un attacco aereo, da numerosi spezzoni incendiari mentre si
trova ormeggiato ad una diga del porto di La Spezia. L'unità è subito
preda di incendi a bordo e nelle acque circostanti per la fuori uscita della
nafta. Dopo il distacco della poppa, alle ore 02.35, l'Alpino affonda su
bassi fondali. Il fumaiolo e la parte superiore della plancia continuano ad emergere dall'acqua.
Il cacciatorpediniere Lampo, di 1920 tonnellate, subisce due attacchi
aerei dopo essere partito per Tunisi alle ore 11.00 da Trapani con un
carico di munizioni per le truppe operanti in Tunisia. Le bombe sganciate
dagli aerei provocano lo scoppio di una parte delle munizioni, l'incendio
della nave ed il suo affondamento alle ore 19.12, nel punto a 6 miglia per
80° da Ras Mustapha (Tunisia). Per il Lampo è il secondo affondamento. Il primo è avvenuto il 16
aprile 1941.
Il cacciatorpediniere Pancaldo, di 2.605 tonnellate, in navigazione insieme al caccia ex greco
Hermes, armato dalla Marina germanica, da Pozzuoli a Tunisi con a bordo truppe tedesche, viene
attaccato alle 11.30 da circa 40 bombardieri nemici. Colpito da più bombe subisce la distruzione
dell'apparato motore e numerose falle. L'affondamento avviene alle ore 12.30 a 2 miglia per 29° da
Capo Bon. Per il Pancaldo è il secondo affondamento. Il primo è avvenuto il 10 luglio 1940.